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10/11/21

Intervista alla Presidenza CNCE - Verona '21

CARLO TRESTINI E ANTONIO DI FRANCO - Il sistema bilaterale di fronte alla sfida del cambiamento.

Sono passati quasi sei mesi dall’incontro di Bologna, in occasione del SAIE, dove si è fatto il punto sul mercato delle costruzioni, alla luce degli effetti della pandemia. Sono stati mesi di aspettative, di frenate e di rimbalzi, di aperture e di chiusure, in cui non poco ha giocato e continuerà a giocare un ruolo rilevante il 110%. Mesi nel corso dei quali è caduto un governo e ne è nato un altro, in una logica di emergenza e con tre macro obiettivi, ciascuno con una tempistica diversa, ma fra loro strettamente integrati. Se infatti la sconfitta del Covid e l’accelerazione della campagna vaccinale costituiscono la priorità assoluta, egualmente riveste un’importanza decisiva la definizione e la messa in campo del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), forte degli oltre 200 miliardi messi a disposizione, in parte a fondo perduto e in parte a prestito, dall’Unione europea. La realizzazione del Piano, nei tempi fissati dalla Commissione, richiede uno sforzo organizzativo e gestionale eccezionale, così come può presentare dei rischi se non verranno avviate alcune riforme strutturali, da quella della giustizia a un rinnovamento con un ampio cambio generazionale e di competenze della Pubblica amministrazione. Qui si gioca il futuro del settore, fortemente condizionato dalle criticità di un quadro normativo non favorevole e da ritardi e incrostazioni burocratiche e amministrative che vanno ad impattare pesantemente sulle straordinarie potenzialità dell’attuale congiuntura. Egualmente, appare evidente come la filiera edile sia chiamata a una vera e propria rigenerazione dei propri modelli produttivi e organizzativi, guardando con la massima apertura a un cambiamento destinato a riconfigurare i rapporti tra domanda ed offerta e all’interno della stessa filiera produttive e dei servizi.

Trestini: La pandemia, come abbiamo evidenziato attraverso l’analisi e il commento di quanto emerso dal nostro Osservatorio che raccoglie i dati provenienti dalle Casse edili (si veda box), ha colpito le costruzioni in un momento di grandi aspettative, caratterizzato da un buon andamento che faceva sperare in una solida ripresa dopo anni di grande difficoltà. La diffusione del Covid e il generale e lungo lockdown dei primi mesi dell’anno scorso hanno fatto crollare la produzione e diffuso un generale pessimismo. Poi il rimbalzo positivo nella seconda metà dell’anno e da novembre un andamento a singhiozzo.
Ora, nonostante il contesto resti difficile, si registra un cauto ma ampio ottimismo. Del resto uno degli effetti della pandemia è stato di aver fatto comprendere l’importanza della casa nella vita di ciascuno di noi. Non più, quindi, bene rifugio, ma bene sociale. Si tratta di un cambiamento culturale, di mentalità e di visione. Ed è qui che il Superbonus, con il 110%, può giocare un ruolo decisivo nel consentire una riqualificazione del patrimonio immobiliare del nostro Paese in linea con quella transizione ecologica che è uno degli obiettivi fissati nel PNRR. Ed è per questo che ci attendiamo che il provvedimento venga prorogato almeno al 2026. Solo così, infatti, potremo raggiungere risultati rilevanti e diffusi non solo rispetto al prodotto edilizio, ma anche sul piano di una reale crescita del tessuto imprenditoriale, di uno sviluppo professionale e delle competenze. È una grande occasione per poter vincere la sfida dell’innovazione, grazie alla quale è oggi possibile garantire certezza dei costi e dei tempi. Con la conseguenza di favorire modelli organizzativi e gestionali del tutto nuovi. Con il 110% il sistema delle imprese ha l’occasione per dimostrare la propria preparazione e le capacità per un’edilizia di qualità, nel pieno rispetto di valori fondamentali come la sicurezza e la regolarità.

Di Franco: La pandemia è stata per il settore delle costruzioni un momento di enorme difficoltà, ma allo stesso tempo ha fatto emergere il valore della bilateralità e della sua storia. Attraverso i protocolli di sicurezza gestiti dalle parti sociali è stato possibile far ripartire l’attività economica rispettando le regole anti Covid e in sintonia e sinergia con le amministrazioni locali. Un elemento essenziale su cui poggiare la tenuta economica e finanziaria delle imprese e di conseguenza garantire il lavoro. Condivido pienamente le riflessioni del presidente sull’importanza della rivalutazione del bene casa in chiave sociale e come luogo essenziale per la qualità della vita delle persone, ma anche come luogo di lavoro, con alcune effetti innovativi. Attraverso il telelavoro abbiamo assistito a una redistribuzione della catena del valore attraverso una maggiore delega per quanto ha riguardato i processi decisionali. Tutti elementi che oggi ci consentono da essere ottimisti sia sul piano quantitativo che qualitativo. I dati del nostro Osservatorio ci dicono, infatti, che il settore è ripartito meglio di quando ci eravamo fermati. Nell’ultimo trimestre 2020 crescono sia le imprese che i lavoratori rispetto allo stesso periodo del 2019. Parliamo di 20.000 operai in più e di questi 1.500 sono giovani. Certamente il 110% contribuisce in misura rilevante a questo trend, dimostrandosi in prospettiva una straordinaria occasione se allungherà i suoi tempi di attuazione almeno fino al 2026, con effetti significativi sia sul PIL che in maniera virtuosa anche sul Debito. A chi ci governa diciamo che ci vuole un po’ più di coraggio.

Mettere a valore le innovazioni contrattuali e i nuovi strumenti a sostegno di lavoratori e imprese
Tuttavia, come sappiamo bene e come avete accennato non è tutto oro quel che riluce. Esistono criticità strutturali sia esogene che endogene, che diventa urgente individuare con chiarezza e identificare in quale modo e con quali azioni sia possibile rimuoverle. E ciò è particolarmente importante alla luce della Next Generation EU, nel cui ambito vengono indicati obiettivi e standard qualitativi e di sostenibilità molto ben definiti e in una prospettiva futura attenta al ruolo e alla valorizzazione delle giovani generazioni.

Di Franco: La sfida che come settore ci pone la Commissione europea è strutturale. In primo luogo perché l’edilizia si caratterizza per essere un comparto economico ad elevata anzianità.

È un dato di fatto e per questo ha assunto nelle scelte e nelle politiche delle Parti sociali un rilievo particolare proprio in occasione dell’ultimo Contratto nazionale. Questione nevralgica che si lega fortemente anche al tema del ricambio generazionale e alla capacità di attrazione di lavoratori giovani.
Le risposte quindi debbono essere molteplici e si deve agire contemporaneamente da un lato favorendo il prepensionamento e dall’altro incentivando l’ingresso di nuovi lavoratori.
a qui la creazione del Fondo per i prepensionamenti e il Fondo incentivo occupazione. In questo modo abbiamo creato dei meccanismi volti a trovare e ad investire risorse in modo mirato. Ma non basta. Per attrarre i giovani si deve modificare lo stesso meccanismo che regola l’avanzamento professionale. L’edilizia resta, infatti, un settore a bassa qualificazione e con poche possibilità di carriera. Su un milione di lavoratori la stragrande maggioranza si colloca nei due livelli più bassi. È necessario inserire meccanismi di automatismo, ad esempio con scatti dopo un certo periodo di tempo e incrociandoli con criteri di valutazione basati sulle competenze. Vanno garantite remunerazioni adeguate e riparametrate, che debbono tenere conto del diverso ruolo a seconda della tipologia e della dimensione dell’impresa. E ciò deve valere massimamente in un mercato in cui il criterio di riferimento della competizione è la qualità.
Per questo diventa importante una formazione di sostanza, attenta alle nuove mansioni e all’innovazione. Una formazione che deve tenere conto e se possibile anticipare i trend in atto sia rispetto al modo di costruire che all’utilizzo e alla diffusione delle nuove tecnologie, in primis la digitalizzazione nella gestione della commessa, nella progettazione e nel cantiere.”

Trestini: È una questione chiave. Il settore può crescere e rispondere al cambiamento solo se saprà aprire le porte a giovani tecnici imparando a dialogare con loro e a dare loro fiducia. La mia esperienza va in questa direzione. L’ingresso nella mia azienda d 3 nuovi tecnici con conoscenze e competenze digitali sta contribuendo a proiettare l’impresa nel futuro. Aver continuato negli ultimi cinquant’anni a costruire sempre nello stesso modo e a replicare tradizionali modelli e sistemi costruttivi ha bloccato le potenzialità di sviluppare nuove professionalità.
Oggi quel sistema sta crollando come un castello di carte. Il nostro mondo si sta sempre più caratterizzando per una vasta gamma di nuovi materiali e nuove soluzioni. E soprattutto cresce la consapevolezza che diventa essenziale dotarsi di sistemi di gestione basati sulla programmazione e su metodi di analisi possibili soltanto con un’iniezione di digitalizzazione sempre maggiore.
Come imprenditori siamo chiamati a confrontarci con un contesto totalmente diverso da quello a cui eravamo abituati da generazioni. Ecco che allora anche il ruolo della bilateralità e delle Parti sociali deve cambiare ed allinearsi al nuovo mondo e al mercato che si evolve. Dobbiamo dotarci di strumenti innovativi a misura delle nuove esigenze. Per questo diventa essenziale una collaborazione sempre più forte tra le parti sociali.”

Di Franco: Appare ormai chiaro che l’edilizia così come eravamo abituati a vederla e a considerarla va a scomparire. Ne è la testimonianza più evidente il 110%, qualcosa che non si era mai visto, non solo per la dimensione dell’incentivo, ma anche per il meccanismo di garanzia, per la struttura procedurale, per i soggetti che vengono chiamati in causa, per il ruolo di attori come la finanza. Per sua natura il Superbonus, concedendo di fatto una copertura più che totale dal punto di vista dell’investimento al committente, fa giustizia della logica del prezzo più basso. La competizione si è spostata sulla qualità dell’offerta e del manufatto. Un secondo aspetto attiene alla dimensione degli interventi, soprattutto là dove entra in gioco ad esempio la sicurezza sismica. Qui si richiedono competenze specifiche e una dimensione tale che mette fuori gioco le imprese meno strutturate. Così facendo si apre la strada verso un superamento del fenomeno tutto italiano del nanismo imprenditoriale. E se si va verso la qualità allora ecco che aumentano le aspettative per una sconfitta della irregolarità. Non dobbiamo poi dimenticare che tra gli obiettivi del PNRR vi è la crescita dei processi di inclusione sociale attraverso il lavoro.
Un tema che chiama in causa la nostra gestione dei migranti, che invece di essere analizzata come una risorsa per la nostra economia, come avviene negli altri maggiori Paesi dell’Europa del nord – di un milione e mezzo di rifugiati accolti in Germania 700.000 lavorano nelle costruzioni – finisce per penalizzare fortemente il settore dell’edilizia che sconta oggi una carenza di lavoratori che ne mina le potenzialità di crescita. Per il quadro normativo e per i messaggi che trasmettiamo siamo un Paese di transito, con effetti negativi anche sul piano demografico e delle prospettive future della nostra società. Purtroppo l’Italia oggi non è un Paese dove progettare il futuro.”

Trestini: Questo della carenza di mano d’opera è un tema di cui si parla troppo poco e che invece sta diventando un fattore rilevante di crisi. È necessario che si proceda con una riflessione e un dibattito alto, che sappia collegare le esigenze del settore come una priorità per l’economia del Paese a scelte politiche conseguenti. Nell’ultimo anno il fenomeno della mancanza di lavoratori nell’edilizia è andato crescendo per effetto delle potenzialità del 110%. Un trend destinato ad aggravarsi sempre più anche alla luce dell’avvio dei programmi previsti dal PNRR, ad iniziare dalla riqualificazione e nuova costruzione di infrastrutture. La domanda non è solo di operai generici, ma sempre più di specializzazioni e di professionalità collegate ai nuovi modi di costruire, alle nuove soluzioni tecnologiche, alla diffusione della digitalizzazione.
All’Italia è utile una pianificazione dell’immigrazione misurata sulle esigenze della nostra economia. Pensiamo a settori chiave ad elevata presenza di lavoro manuale e dove prevale una resistenza “italiana” ad occuparsi, non solo l’edilizia, ma anche l’agricoltura, o l’industria del legno. La carenza di politiche volte a favorire la permanenza in Italia dei migranti attraverso politiche integrate ad esempio tra casa e lavoro producono danni di cui ancora non si ha piena consapevolezza.”

Essere protagonisti del processo di riforme
In questo scenario risulta poco comprensibile la lontananza che oggi si riscontra a livello di relazioni industriali e di dialogo tra le Parti sociali rispetto al rinnovo del contratto nazionale di categoria.
Dalle riflessioni fatte emerge in particolare l’importanza di fare squadra, di operare in una logica di sistema. Un modo di operare che è proprio ad esempio della bilateralità. Penso alle innovazioni avviate con l’ultimo contratto approvato, così come le importanti risorse che la rete degli enti che vi si riconoscono possono mettere in campo.

Trestini: C’è una cosa che abbiamo imparato nell’ultimo decennio, che nei momenti di crisi diventa fondamentale esprimere il massimo sforzo per dare risposte concrete ad esigenze urgenti. Ovvero che è necessario comprendere dove va il mercato e saper cogliere questi cambiamenti come delle opportunità, sapendo fare le scelte giuste. Abbiamo capito che bisogna adeguarsi all’evoluzione del mercato e degli attori che vi operano: imprese e lavoratori. Risponde a questo modo di pensare e di agire la scelta del nuovo modello di bilancio preventivo delle Casse e della CNCE fondato su precise linee guida per gli investimenti utilizzando i piani di riallineamento finanziario. Le Casse e gli enti territoriali in questo modo possono e debbono operare verso una nuova e più ampia offerta di servizi così da cogliere le occasioni che si stanno presentando.
Abbiamo di fronte una grande sfida, forse l’ultima per rilanciare il nostro sistema, quella di dare concretezza ai risultati che ci vengono chiesti. Dobbiamo metterci in gioco e collaborare tutti insieme. Dobbiamo avere il coraggio di andare all’attacco e di cambiare le parole d’ordine puntando ad investire sul settore. Dobbiamo valorizzare le nostre eccellenze. Come faremo ad ottobre a Bari in occasione della nuova edizione di Casse Edili Awards.

Di Franco: La lezione che ci proviene dalla pandemia è che se Il settore ha dimostrato una tenuta superiore agli altri lo deve anche alla bilateralità, alla scelta di investire quando gli altri hanno deciso di fermarsi, di aspettare. Dobbiamo essere uniti nella consapevolezza che se sapremo dare più servizi potremo sostenere maggiormente imprese e lavoratori e allo stesso tempo contribuire a governare meglio i processi rispetto alla pioggia di risorse finanziarie e alle trasformazioni che stanno caratterizzando il prossimo futuro. Per farlo dobbiamo riformare alcuni asset strategici del nostro sistema strutturale: dalla riforma delle giustizia, senza la quale scontiamo la scasa certezza del diritto e perdiamo gli investitori, alla riforma della Pubblica amministrazione che resta una infrastruttura essenziale per il Paese. Abbiamo bisogno più che mai di una PA competente ed efficiente. Abbiamo bisogno di una cabina di regia che governi la complessità dei processi che ci attendono. Una regia che deve avere i punti di forza sul territorio, negli amministratori regionali e comunali. Dobbiamo avere un ruolo anche noi come sistema, come Parti sociali, attraverso una condivisione degli obiettivi e una partecipazione alle decisioni mettendo a valore i nostri dati e la nostra capacità di dare risposte adeguate alle nuove esigenze, dall’Osservatorio alle principali parole d’ordine: qualificazione, regolarità, cambio generazionale e processi di ristrutturazione aziendale.”

 

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